Il Sudafrica piange il suo Nelson Mandela

Messaggi all'esterno della casa di Nelson Mandela a Houghton (Johannesburg)

Messaggi all’esterno della casa di Nelson Mandela a Houghton (Johannesburg)

Ho lottato contro il dominio bianco e contro il dominio nero.
Ho coltivato l’ideale di una società libera e democratica nella quale tutti possano vivere uniti in armonia, con uguali possibilità.
Questo è un ideale per il quale spero di vivere e che spero di ottenere. Ma, se necessario, è un ideale per il quale sono pronto a morire.

Si è spento un uomo che è stato guida, esempio e simbolo per il Sudafrica e per il mondo.
Oggi siamo ancora più vicini ai nostri amici e colleghi sudafricani e al loro dolore, che è anche il nostro.
Di seguito vi proponiamo la testimonianza di Anna Maria La Rosa, impiegata presso l’ufficio del personale di Cmc di Ravenna South Africa Branch di Johannesburg, che ringraziamo per aver condiviso con noi le sue emozioni, e quelle di un’intera nazione all’indomani della morte del suo leader.

“La casa che Nelson Mandela aveva a Johannesburg nel quartiere di Houghton dista poco dai nostri uffici. Ora è inavvicinabile, circondata da tante persone che, a seguito della notizia della sua morte, si sono radunate all’esterno per pregare e ballare. Ciò che tutti ripetono ovunque da ieri sera è “Rest in peace, Tata“, che nella lingua Xhosa, quella di Nelson Mandela, significa “padre”.
Io sono italiana e vivo qui da 28 anni, e prima di oggi non avevo mai visto un Sudafrica così unito. A questo uomo vogliamo tutti bene, indipendentemente dal colore della nostra pelle.
Ieri sera stavo cenando al ristorante, quando è stato dato l’annuncio, e ciò che ne è seguito è stato un crescendo di emozioni che anche oggi pervadono Johannesburg e si respirano. Abbiamo tutti smesso di mangiare, il personale ha smesso di lavorare, e tutti abbiamo cominciato a piangere in silenzio. Non sono riuscita a dormire la notte scorsa; e credo che nessuno ce l’abbia fatta. Guardavo la sua casa alla TV, seguendo cosa stava avvenendo.
Questa mattina, andando al lavoro, ho visto questa città e le sue strade diverse. Niente traffico nevrotico, niente clacson e rumore. C’erano solo silenzio, calma, compostezza. Ai semafori, tutti cercavamo lo sguardo degli altri, tutti alzavamo il pugno come faceva il nostro Tata, in segno di unità.
Questa unità voluta e perseguita da Mandela si respira oggi a Johannesburg; c’è un clima che fatico a descrivere.
Mi sono fermata a fare benzina, e alla radio è partita Asimbonanga, la canzone che Johnny Clegg, bianco sudafricano, cantava assieme ai neri nonostante fosse proibito. Quando sono arrivata qui era censurata; le radio non la potevano trasmettere e non la si poteva cantare. Oggi tutti abbiamo smesso di fare ciò che stavamo facendo, e abbiamo iniziato a ballarla e cantarla, ripetendo “Rest in peace, Tata. We love you”.

Anche l’ing. Paolo Porcelli, che è rientrato da poche ore da una missione di Mozambico, mi ha raccontato che in aeroporto a Johannesburg era pieno di persone intente a cantare e ballare. Nelson Mandela amava farlo, e lo faceva ogni volta che ne aveva occasione. È un bel modo per ricordarlo.”