Giovani con la valigia: Valentina Casasola

Valentina Casasola, 33 anni appena compiuti, è Contract Manager Assistant del Water Supply System di Nampula (Mozambico) dal settembre 2011. Dopo una Laurea Magistrale in Giurisprudenza e un Master in Project Management nel settore delle costruzioni, tolta qualche breve missione, sta vivendo con CMC la sua prima esperienza all’estero da espatriata.

Come descriveresti questa tua esperienza lavorativa in cinque aggettivi?
Sicuramente straordinaria, nell’accezione più ristretta del termine, cioè fuori dall’ordinarietà di una vita personale e professionale che fino al 2011 seguiva binari certi e ben definiti. Impegnativa, perché sento molto la responsabilità del dover affrontare situazioni che richiedono una preparazione tecnica che non possiedo del tutto, data la mia formazione prettamente giuridica. Forte, perché il Mozambico sta crescendo molto, ma resta un Paese povero, e noi europei non siamo preparati a questo tipo di scenario fatto di arretratezza e disagi. Formativa, perché sto acquisendo una professionalità, ma sto anche imparando una lingua straniera – il portoghese – che difficilmente avrei studiato altrimenti. Oltretutto, attraverso questa esperienza ho imparato a conoscere meglio me stessa, raggiungendo una consapevole stabilità. Infine positiva, perché ho sempre desiderato lavorare per un periodo all’estero in questo settore, anche se il Mozambico è arrivato per caso e non e’ stato frutto di una deliberata scelta. Probabilmente un cantiere in un Paese maggiormente sviluppato sarebbe stato psicologicamente più facile da affrontare ma, ad ogni buon conto, il bilancio è senza dubbio decisamente positivo.

Pregi e difetti?
Un grande pregio è l’ambiente multiculturale in cui lavoro: proveniamo da Paesi diversi ed è interessantissimo lo scambio e i differenti approcci alle questioni lavorative. Un altro è la velocità di apprendimento rispetto al lavoro in sede, sia per l’indotta responsabilizzazione nella gestione delle mansioni, che per la intrinseca motivazione personale (bisogna averne molta per fare la valigia e spostarsi dall’altra parte del mondo). Un ulteriore aspetto interessante dell’apprendimento in cantieri come questo è l’interiorizzazione del risultato e l’orientamento ad esso, il cui raggiungimento passa giocoforza attraverso la razionalizzazione delle risorse( di tutti i tipi) a prescindere dalla qualità e dalla quantità a disposizione. Lo stress in fatti, spesso non deriva dalla complessità dell’obiettivo ma dalla apparente carenza dei mezzi più adeguati, che costringe alla ricerca di valutazioni e approcci alternativi, usando quanto presente e disponibile al momento. Un difetto è la commistione totale di lavoro e vita privata: il carico ore di lavoro è notevole , e oltretutto è difficile arrivare a casa e staccare la spina, probabilmente anche perché il luogo ha poco da offrire. Nampula è una città del nord del Mozambico a 200 km dal mare; ci sono una manciata di ristoranti, una discoteca e qualche esercizio commerciale. Lo standard di vita qui è incomparabile rispetto agli standard europei, anche se è visibilmente migliorato rispetto al 2011, visto il crescente numero di espatriati che vi vivono e i servizi ed essi connessi. Anche alla luce di questo, ammiro i miei colleghi che vivono in siti isolati e a centinaia di km dai centri urbani; sicuramente una esperienza di quel genere è più totalizzante rispetto a quella svolta da me. Comunque, un’esperienza lavorativa come questa marca un segno indelebile e, a meno che non sia del tutto negativa, induce a pensare ad un futuro prossimo lontano dal proprio Paese, di cui si ha sempre nostalgia ma in cui sembra bello tornare solo per le ferie. Serve il coraggio per partire la prima volta, poi il mondo diventa piccolo ed accogliente.

Quali differenze hai riscontrato rispetto al mondo del lavoro in Italia?
Il concetto di lavoro mozambicano è diverso dal nostro e ammetto che – a volte – non è semplice interagire con i locali nell’ambito professionale, anche perché il Paese è caratterizzato da una intricata burocrazia e da procedure farraginose che complicano lo svolgimento anche delle più semplici attività. Tuttavia ho conosciuto persone davvero in gamba, la cui buona volontà e la conquistata formazione hanno permesso loro di acquisire professionalità e modus operandi per nulla differenti dal modo di lavorare italiano.

Cosa ti manca di più dell’Italia e cosa di “casa”?
Sarò banale, ma mi manca il cibo oltre – ovviamente – agli affetti; in particolare la mia famiglia e l’abbraccio di mia sorella. Grazie alla tecnologia i contatti sono quotidiani, ma non possono sostituire la vicinanza fisica e il calore dei momenti trascorsi assieme.

Cosa porterai con te al tuo ritorno?
La pazienza, che qui ho imparato a “coltivare”, e la capacità di vivere con poco, che qui ho scoperto di possedere.

Come impieghi il tuo tempo libero?
Leggo molto. Libri in Italiano, inglese e portoghese. Quando possibile organizzo qualche gita, soprattutto al mare, che in questa zona del Mozambico è davvero meraviglioso.

Cosa stai imparando da questa esperienza?
Dal punto di vista professionale sto imparando moltissimo, ed è un continuo immagazzinare esperienze. La gestione contrattuale è un’area complessa e multidisciplinare che racchiude contenuti tecnico-giuridici ed economici e necessita di costante analisi teorica e percezione pratica. I contratti internazionali, come il FIDIC, hanno particolari strutture che devono essere studiate ed assimilate per poi essere gestite lasciando pochi spazi alla interpretazione tout court, che è invece tanto cara a noi operatori del diritto in Italia. Anche dal punto di vista personale le conquiste sono state notevoli: il raggiungimento di un equilibrio più maturo, a cui aggiungo il riconoscimento dei miei mezzi e dei miei limiti, e una coraggiosa tenacia nel migliorarli. Ho dato nuove priorità ad esigenze e valori, dimenticando sovrastrutture che credevo imprescindibili.

Come pensi venga percepita CMC dai locali?
La presenza di CMC in Mozambico è storica. Ricordo il mio grande entusiasmo nell’individuare il logo aziendale nel murales celebrativo lungo l’Avenida Marginal di Maputo, a testimonianza di una significativa presenza della nostra azienda in questa parte del mondo. Per i locali lavorare in CMC è garanzia di sicurezza e stabilità lavorativa.

Cosa si può migliorare (se ritieni ci sia qualcosa da migliorare)?
L’inserimento dei giovani, dal punto di vista dell’accoglienza personale, soprattutto in Paesi “particolari” come il Mozambico, poiché una ambientazione complicata può pregiudicare le più motivate ambizioni professionali e inficiare quel senso di appartenenza all’impresa che ritengo sia una delle basi per un fruttuoso e duraturo rapporto professionale. La mia fortuna è stata quella di arrivare qui insieme ad un gruppetto di ragazzi più o meno coetanei, con educazione e vissuti simili, e l’unione ha fatto davvero la nostra forza. Non dimenticherò mai il mio primo giorno a Nampula: credevo non sarei resistita neanche 24 ore, e invece sono qui da quasi due anni. A livello lavorativo, un management aperto e disponibile è stato determinante per il mio inserimento: non mi ha fatto mancare supporto e sostegno, e si è dimostrato fin da subito sensibile ad una necessaria implementazione della gestione contrattuale della commessa. Dovrebbe essere sempre così, per tutte le new entries

Per il ruolo che stai ricoprendo, quanto influisce sia negativamente che positivamente – se influisce – essere una donna, in Mozambico?
L’essere donna non ha assolutamente influito né nel mio lavoro né nel mio ruolo. Alle riunioni, sono quasi sempre l’unica rappresentante femminile, ma questo sarebbe successo anche in Italia, dal momento che le posizioni, soprattutto in determinati settori e a livelli apicali, sono ancora prerogativa del mondo maschile. Da questo punto di vista il Mozambico mi sembra un Paese aperto: la donna è presente anche ai livelli più alti, addirittura rivestendo incarichi istituzionali e ministeriali. Inoltre, a partire dagli strati più bassi della società, è evidente che le donne contribuiscono al sostegno della famiglia in maniera concreta ed incisiva: è molto comune, ad esempio, vedere una donna impegnata in attività manuali o pratiche, e anche nel nostro cantiere ci sono diverse lavoratrici, alle quali sono preclusi solo alcuni tipi di lavori pesanti. Ritengo che le donne mozambicane ancora non si rendano conto dell’importanza che rivestono all’interno della struttura sociale, né abbiano una chiara consapevolezza del proprio valore, ma credo che – seppur lentamente – qualcosa stia cambiando. Parlando con qualche ragazza locale, ho potuto notare una sorta di orgoglio femminile che rivendica autonomia e indipendenza rispetto alla propria famiglia o ad un compagno sbagliato, che le sta portando ad accettare indubbi sacrifici pur di non sottostare alle condizioni di una infelice vita imposta.